L’autismo e le neurodiversità non sono muri, ma porte verso mondi inattesi, ricchi di talento e sensibilità uniche. È questa la filosofia che anima la Fondazione Cervelli Ribelli ETS, fondata dal giornalista e scrittore Gianluca Nicoletti, e che la Fondazione Baroni ha potuto toccare con mano nella sua recente visita.
Nel corso di ottobre infatti, una delegazione della Fondazione Baroni si è recata presso la bellissima sede romana di Cervelli Ribelli, in Via Tommaso Gulli, un luogo inaugurato nel 2021 e divenuto un vero e proprio HubLab per ragazzi con autismo e altre difficoltà. La visita ha suggellato il rapporto di sostegno nato con il finanziamento erogato dalla Fondazione Baroni nel 2024, un contributo fondamentale che sta permettendo a Cervelli Ribelli di migliorare le strutture, l’attrezzatura e ampliare le attività offerte ai giovani talenti.
Tommy: il cuore creativo e i molteplici talenti
Figura chiave e anima ispiratrice dell’intero progetto è Tommy, il figlio di Gianluca Nicoletti. Giovane artista dotato di grande talento e sensibilità, Tommy vive l’arte come una necessità quotidiana.
Nella quotidianità alla Fondazione, l’artista autistico si dedica alla pittura, alla computer grafica e alla creazione, comunicando il suo universo interiore con una potenza espressiva che ha portato a importanti riconoscimenti nazionali: le sue opere, caratterizzate dai suoi iconici “pupazzi ballerini”, sono state scelte per illustrare i biglietti della Lotteria Italia e sono state esposte in prestigiose rassegne come la Rome Art Week, dove l’Atelier Cervelli Ribelli è ormai un partecipante fisso.

Ogni giorno Tommy e gli altri cervelli ribelli sono circondati dall’attenzione e dalla competenza di assistenti come Ziyu Xie (Christy), musicista, insegnante musicale, musico terapista; da Stella Kaisaer, psicologa, artista multidisciplinare, insegnante inglese; da Federica Giammello, psicologa-psicoterapeuta, responsabile scientifico del progetto “Il diritto all’arte dei Cervelli ribelli”.

L’HubLab, uno spazio curato e stimolante di oltre 160 mq con un piacevole stile “industrial”, è il motore pulsante della Fondazione. Attorno a Tommy, gravita una comunità di una decina di ragazzi, ognuno con la propria unicità.
Tra questi, spicca Hannah, una talentuosa ragazza danese che dedica la sua energia alla ceramica artistica e decorazione, una delle attività laboratoriali di punta che, assieme a laboratori teatrali, musicali, di fotografia e di realtà aumentata, mira a sviluppare abilità e autonomia.

Un modello di inclusione replicabile
Il lavoro svolto nell’HubLab, seguito da figure professionali qualificate come psicologi e assistenti, non si limita all’espressione artistica. Le attività quotidiane, che iniziano al mattino con un lavoro specifico sulle autonomie e proseguono con la creazione di prodotti con un reale valore di mercato, sono finalizzate alla transizione verso la maturità e l’inclusione lavorativa.

Intervista a Gianluca Nicoletti, presidente e socio fondatore della Fondazione Cervelli Ribelli ETS
Benvenuti! Questo è l’atelier dei Cervelli Ribelli di via Gulli a Roma. Abbiamo pensato, immaginato questo luogo per il benessere, la felicità dei ragazzi autistici come mio figlio Tommy. I quadri che vedete qui attorno sono di Tommy, ma ci sono anche altre opere, perché ci sono anche vari altri ragazzi che vengono qui.
Il nome di quello che noi pensiamo essere l’attività più giusta per persone che vengono considerate neuro-divergenti è “immergersi nell’arte”.
Non a caso il progetto che stiamo in questo momento portando avanti grazie alla Fondazione Baroni si chiama proprio Il diritto all’arte per i Cervelli Ribelli.
I Cervelli Ribelli hanno diritto di essere considerati opere d’arte, perché l’artista è l’unico essere umano che può dire: io sono matto, sono strano.
Quello che sentite in sottofondo sono sia le voci degli altri ragazzi che le voci di Tommy; sono ragazzi che hanno una diversa sensorialità rispetto alle persone cosiddette normali. In questo momento sono agitati, c’è una novità, molti estranei e poi vedono parlare persone davanti alla telecamera.
Qui a Cervelli Ribelli facciamo i nostri laboratori con il supporto meraviglioso di bravissime insegnanti, di psicologhe, le persone che ci aiutano a portare questi ragazzi fuori dall’invisibilità: ci sono ragazzi ormai grandi, autistici e sono adulti altrimenti destinati a scomparire, a essere fantasmi.
Noi invece vogliamo segnalare con grande rumore e con grande clamore la loro presenza attraverso le loro opere. Diritto all’arte per Cervelli Ribelli significa diritto alla libertà, ad esistere per loro che sono Cervelli Ribelli, a essere cittadini a tutti gli effetti, essere considerati persone con pieno diritto di vivere insieme ad altre persone.
Tutto quello che mi circonda, e che voi vedete, il luogo stesso, le suppellettili, l’arredamento, la particolare architettura, è pensato per loro e creato da loro: perché i ragazzi si sentono immersi qualcosa di bello, qualcosa di colorato, qualcosa che non assomiglia un ospedale a una prigione, a un manicomio. E’ stato fatto e voluto proprio perché questi ragazzi si sentano a casa, in un posto in cui il bello è il principio fondamentale.
Vorrei che per tutte le famiglie fosse così; ho avuto la fortuna, quando possibile, di poterlo fare impegnando tutto quello che avevo con le mie risorse. Non per tutti è così. Qui vengono persone che lambiscono la disperazione, e spesso sono genitori anziani, come me.
Hanno figli adulti e non sanno in che maniera dare loro una vita decente. Noi ci sosteniamo con il nostro lavoro e con dei contributi come quello della Fondazione Baroni che ci permette quest’anno di fare due laboratori. Mi sembra già tantissimo.
Ci vorrebbe che questo modello – improntato sulla felicità, in cui al centro c’è proprio la persona con dei problemi, la persona con delle fragilità – diventasse un modello esteso.
Invece si lavora purtroppo più che altro in un modello reclusivo in cui queste persone adulte, da adulti, sono quelle che scompaiono, e che poi non vuole vedere più nessuno.
La persona adulta se non è messa in un posto insieme ad altre persone, vivendo un’esistenza quasi da recluso, arriva a non avere uno scopo nella vita.
Qui i ragazzi che vengono sanno che ogni giorno vengono come fosse il loro posto di lavoro, un posto di socializzazione. Qui noi non abbiamo soltanto ragazzi autistici, abbiamo inoltre delle bravissime e dei bravissimi insegnanti. Gli operatori, ma anche dei giovani tirocinanti che vengono dalle università; quindi ci sono dei loro coetanei che studiano il loro modo di essere per poi occuparsi di altri ragazzi.
Questo ci piacerebbe: che diventasse un modello replicabile anche altrove e se questo fosse possibile saremmo un po’ più sereni rispetto a quella che è la spada che ci trafigge il cuore ogni giorno, ogni notte che i nostri figli dovranno sopravviverci. Quando non ci saremo più noi: nessuno avrà la stessa cura, la stessa attenzione alla loro felicità, la loro vita serena.
Tommy, il mio ragazzone gigantesco che quando era piccolo portavo a spasso io e ora lui porta a spasso me, come è giusto che sia. Come Enea faceva col vecchio padre Anchise: se lo porta sulle spalle. Ancora non mi porta sulle spalle, ma è di un valido aiuto per la sua forza, la sua possanza fisica e io sono il software del suo cervello che non sempre è in grado di capire quello che lo circonda.
Tommy si esprime attraverso quadri. Abbiamo trovato questa sua vena espressiva. Disegna, dipinge. Questi pupazzi, immagino, erano i suoi sogni di quando era bambino. Lui vede la realtà attraverso disegni, pupazzi, figure, gli strumenti che la fantasia aiutano a ricreare, a capire, comprendere e descrivere il mondo che lo circonda.
Tommy è molto fortunato, ma anche gli altri ragazzi vengono qui. Secondo me sono fortunati perché possono seguire un’attività che è pensata, immaginata proprio per la loro dignità e la loro felicità.











