di Anna Lisa Bonfranceschi
l campione paralimpico di scherma, testimonial dei bandi della Fondazione Baroni a sostegno dell’inclusione sociale e dell’autonomia delle persone disabili, si racconta dopo l’emozionante esperienza di Tokyo 2020: “Da solo non ce l’avrei fatta”
“La prossima volta voglio esserci anche io”. Detto, fatto. Il detto risale al 2016, ai giochi di Rio, dove era arrivato solo come spettatore. Il fatto risale allo scorso agosto, ai giochi di Tokyo, dove lui, Edoardo Giordan, ha mantenuto la promessa, partecipando come campione paralimpico di scherma. La realizzazione di un sogno, ricorda oggi, rilanciando la scommessa e puntando ancora più in alto: “Ora voglio una medaglia ai prossimi giochi”.
D’altronde lo spirito di Edoardo è proprio questo: quello di chi non è abituato ad arrendersi mai e a puntare in alto. Non lo ha fatto dopo l’operazione che gli ha stravolto la vita: l’amputazione dell’arto inferiore destro, a soli vent’anni, per una errata diagnosi medica. Anzi: dopo i primi difficili momenti, è riuscito, come racconta a Salute, a far “decollare” la sua vita. “Quando ho capito che le barriere che vedevo erano solo mentali, quando mi sono accettato, sono rinato”. E ha trovato nello sport la strada per decollare. Una strada che conosceva benissimo, fin da piccolo. “Sono da sempre uno sportivo: per nove anni, sin dalla scuola materna, ho praticato nuoto. Poi dopo uno stop di tre anni – dovuto a problemi alla colonna vertebrale – sono tornato a fare sport, ma avevo bisogno di un gioco di squadra, e sono arrivato al calcio”.
Uno strano dolore al piede
A vent’anni, e molto velocemente, nel giro di appena tre mesi, tutto cambia però. “All’inzio, camminando sulla spiaggia, mi sono accorto che un piede, quello destro, scottava più dell’altro e il pollice ha cominciato a farmi male”. È da allora che è iniziato il calvario: una diagnosi sbagliata ha ritardato gli interventi che avrebbero potuto aiutarlo. Diagnosi corretta – quella della Sindrome da intrappolamento dell’arteria poplitea, in cui i muscoli comprimono l’arteria – e interventi sarebbero poi arrivati, ma troppo tardi per salvare la gamba, quando ormai quel dolore al pollice si era esteso a tutta la gamba ed era diventato così forte da non farlo dormire. La sindrome, poco comune, era stata inizialmente scambiata per la rara malattia di Burger.
Il rumore di un pallone e l’aiuto che ha cambiato tutto
Tutto in quel settembre 2013 cambia, e tutto stava ancora per cambiare ancora. Sarebbe stato il rumore di un pallone durante una seduta in un centro di riabilitazione a farlo. “Veniva dalla palestra, dove alcuni ragazzi stavano giocando a basket. Lì ho visto che uno di loro, dopo essere caduto, è riuscito a rimettersi in carrozzina, con una spinta e una grinta che mi hanno impressionato. Di tutti gli arti, aveva solo metà braccio. E mi son detto: se ce la fa lui…”. L’incontro con il campione paralimpico Andrea Pellegrini avrebbe fatto il resto, facendogli conoscere la scherma, e facendolo diventare, proprio con lui, un campione mondiale. “Da solo non ce l’avrei fatta”, ammette Edoardo, ricordando tutte le volte che Andrea lo ha accompagnato in palestra, gli ha dato la sua attrezzatura e lo ha sostenuto.
L’impegno al fianco della Fondazione Giovan Battista Baroni
Senza il suo aiuto probabilmente non sarebbe stato così, continua. Ed è per questo che oggi punta ad essere per gli altri quello che Andrea è stato per lui. “Se posso aiutare qualcuno ad avere questa opportunità, perché non farlo?”. Così da un paio di anni è al fianco della Fondazione Giovan Battista Baroni con iniziative a sostegno delle persone più fragili, per abbattere quella visione della disabilità come “qualcosa in meno”, spiega. E anche quest’anno sostiene la Fondazione, come testimonial dei bandi 2021 dedicati all’assistenza, alla ricerca (in particolare nel campo delle neuroscienze) allo sport, per favorire il superamento delle barriere, l’autonomia e l’inclusione delle persone disabili. Trecentomila euro che vanno ad aggiungersi ai circa 7 milioni destinati negli anni dalla Fondazione ad iniziative a sostegno dei più fragili, persone con problemi motori e neuromotori, soprattutto nel Lazio e a Roma. Per partecipare ai bandi c’è tempo fino al prossimo 15 dicembre. Tutte le informazioni necessarie sul sito www.fondazionebaroni.it.
Link alla notizia originale: https://www.repubblica.it/salute/dossier/frontiere/2021/11/10/news/edoardo_giordan_da_una_diagnosi_sbagliata_alle_paralimpiadi_di_tokyo-325794849/